Sara

Era sempre seduta in fondo alla classe, le esili spalle chiuse in avanti sembravano faticare a reggere il delicato peso delle ciocche corvine che, a intervalli regolari, scostava con le lunghe e affusolate dita, martoriate dal vizio di mordersi le unghie. In realtà erano i suoi pensieri a gravarle addosso, era il peso di sopportare la sofferenza degli altri a darle tormento. Non che lo volesse, affatto. Eppure non poteva farci niente, ogni qual volta che si ritrovava a guardarsi intorno, con aria smarrita, vedeva il lato oscuro delle cose: un abbraccio che odorava di falso, un sorriso che nascondeva disagio, un’anima martoriata dalla vita che stava per spegnersi…
Se ne stava sempre zitta, con la sua moleskine tra le mani, sembrava spettatrice passiva della vita, relegata dietro a quell’epidermide color del latte che, non appena la interpellavo, si colorava di un rosso tenue sulle guance.
Eppure era la mia studente più brillante.
Il giorno che dovette trasferirsi con i genitori in Germania, mentre mi salutava con un insolito abbraccio, lasciò cadere nella mia borsa la sua agenda, me ne accorsi una volta a casa quando, rovistando per cercare le chiavi, la trovai.
Le pagine erano un susseguirsi di riflessioni, di sensazioni e tormenti. Erano un sunto realistico della vita di qualsiasi essere umano lei avesse incontrato nel suo cammino. Mi ritrovavo tra le mani una finestra dalla quale guardare il mondo, affacciata sul sensibile spettacolo dei sentimenti.
Fu però quando una sera, illuminata dal calore del camino, arrivai alle ultime pagine di quel diario, che tutto si fermò per un istante. Il mio nome spiccava in alto al foglio, scritto in rosso, seguito dalla frase: questo è il regalo che le voglio fare, professoressa, in cambio di tutto ciò che mi ha insegnato.
Lessi più volte ciò che vi era scritto e, per la prima volta, sentivo d’esser nuda, vulnerabile e spaurita.
Le mie lezioni da quel momento in poi cambiarono, avevo capito che per crescere non bastava la teoria, i numeri e la ragione, il mondo era già fin troppo pieno di automi colti ma veramente troppo poco intelligenti… da quel giorno promisi a me stessa che avrei insegnato prima di tutto a diventare esseri umani.

 

Carlo Galli

43 comments

  1. 17lastella · novembre 21, 2014

    stupenda.

  2. countinroses · novembre 21, 2014

    Che lettura piacevole, complimenti!

  3. mairitombako · novembre 21, 2014

    PAROLE CHE SOLO TU PUO ESPRIMERE COSI 😉

  4. domenicomortellaro · novembre 21, 2014

    Che deliziosa descrizione

  5. Laura · novembre 21, 2014

    Bellissimo, mi e’ piaciuto molto il tuo racconto, bravo Carlo, un abbraccio e buon weekend, 🙂

  6. jalesh · novembre 21, 2014

    Davvero bello questo racconto..un insegnamento di vita. Complimenti

  7. tmvazquez · novembre 21, 2014

    All’inizio, mi hai fatto ricordare me stessa, un momento particolare ai tempi dell’università. Bellissimo racconto. Buona serata monsieur Charles.

  8. Trutzy · novembre 21, 2014

    Ciao, bel post. Effettivamente quasi in ogni classe c’è una Sara, ed è molto bello che una professoressa voglia insegnare agli studenti a diventare esseri umani, ma di individui colti in giro ce ne sono pochi, parlo di quelli che lo sono effettivamente e non di quelli che si presentano come tali. Ieri ho ripreso un alunno di prima ragioneria che diceva minchia in classe. Lui mi ha risposto che non è una parolaccia, gli ho chiesto il significato di questa parola e lui non lo sapeva. L’anno scorso uno studente del 2° professionale mi ha chiesto ma Didone è maschio ed Enea è femmina? Per diventare esseri umani e distinguersi dalle bestioline serve anche un po’ di cultura. 😀

    • Carlo Galli · novembre 21, 2014

      Verissimo anche quello… Cultura e intelligenza sono un accoppiata vincente

  9. Cix79 · novembre 21, 2014

    Notevole, scorrevole e .. scritto benissimo. I miei più sinceri complimenti per la forma e per il contenuto!

  10. i love riciclo · novembre 21, 2014

    Bella! Complimenti!

  11. fulvialuna1 · novembre 21, 2014

    Ma che bella Carlo!!!

  12. lilasmile · novembre 21, 2014

    Scorre, scorre e che saggia verità alla fine! 🙂

  13. ilmiosguardo · novembre 22, 2014

    Fortunata lei ad aver avuto un’insegnante così in gamba!
    Sono rari, ma qualche volta di incontrano e cambiano la vita!

    E bravissimo tu.

    Un sorriso
    Ondina 😊

  14. marzia · novembre 22, 2014

    Un post poetico e realistico al tempo stesso!

  15. newwhitebear · novembre 22, 2014

    Un bel post senza dubbio. Delicato e riflessivo. La prof ha preso la lezione dalla sua studentessa come vivere con gli altri: devi farli crescere non solo con le nozioni ma con la maturità delle idee.

  16. mizaar · novembre 22, 2014

    è così, si insegna – o si dovrebbe – per aiutarli a crescere. che bello!

  17. Assunta Ghidini · novembre 23, 2014

    E’ ciò che capita tutte le volte che varco quella soglia. La mia conoscenza viene sempre minacciata da un’ingenua ignoranza, che mi fa cogliere la forbice temporale tra la mia testa e la loro. La tua lezione è quanto mi prodigo di fare: non è scritta sui libri… La imparo dalla mia stessa esperienza.

    Domani ci proverò!
    Grazie di cuore,
    Ass.
    P.S. Mi consenti di leggerla ai ragazzi?

  18. il mio vivere in poesia · novembre 23, 2014

    …colpita al cuore…
    grazie Carlo….

    • Carlo Galli · novembre 23, 2014

      Grazie a te :)))

      • il mio vivere in poesia · novembre 23, 2014

        ..lo ripeto ogni volta..mi spiace non poter dedicare più tempo alla lettura del tuo..dei vostri blog..c’è così tanto da imparare..

      • Carlo Galli · novembre 23, 2014

        :***

  19. Viviana · novembre 25, 2014

    Astonishing tale. It seems so real.

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